Giornata Diocesana della Carità

Sabato 12 e domenica 13 novembre 2016

La Giornata Diocesana della Carità, in questo anno, coincide con la chiusura diocesana del Giubileo Straordinario della Misericordia, in attesa della conclusione dell’Anno Santo la prossima domenica a Roma. La provvidenziale coincidenza di date ci è di aiuto per meditare sulla necessità di tradurre in opere di misericordia, corporali e spirituali, il favorevole tempo di Grazia che la Chiesa ha accolto e vissuto in questo Giubileo.

Abbiamo attraversato la Porta della Misericordia, siamo entrati nel cuore del Padre, siamo stati accolti come figli amati e attesi nella sua Casa. Il Signore che è venuto ad abitare in mezzo a noi ci desidera attorno alla sua mensa, in comunione con lui, ospiti graditi e degni di cura.

Anche noi, allora, rivestiti dell’amore di Cristo, ci disponiamo all’accoglienza affinché la nostra società e la Chiesa sappiano sempre più essere casa, spazio di fraternità e di ascolto, luogo di dialogo e di serenità.

La Giornata Diocesana della Carità quest’anno vuole portare l’attenzione sulle famiglie, che per diversi motivi si trovano a vivere l’emergenza abitativa (sfratti, difficoltà a pagare l’affitto, ricerca alloggiativa…).

ABITARE LA CASA

In senso antropologico, il termine “casa” indica molto più di un semplice edificio e definisce ben altro che la sola struttura fisica che serve all’uomo come riparo e protezione. La casa è carica di una simbologia ricchissima in tutte le tradizioni culturali in quanto patrimonio prezioso e fondamentale dell’esperienza umana.

La tradizione biblica, ad esempio, arriva ad assegnare alla parola “casa” una valenza personale che supera ampiamente la nozione di oggetto ed identifica invece in essa il “casato”, il popolo d’Israele, la “famiglia” che la abita. In tal senso, la casa diviene un “luogo dello spirito” che rimanda ben oltre le “quattro mura”.  La mancanza di una dimora, l’allontanamento, l’impossibilità di abitare una casa si associano strettamente alla malattia del corpo (il lebbroso) o dello spirito (l’indemoniato, il figlio prodigo). Al contrario, situazioni ed eventi di guarigione, rinascita,  riscatto o redenzione vengono invece descritti come “ritorno a casa”.

È evidente che per abitare uno spazio occorre essere nella condizione di poterlo legittimamente occupare. Tuttavia, proprio perché l’“abitare” in senso profondo ha una valenza molto più ampia del semplice significato fisico e spaziale, il semplice possesso è una condizione necessaria ma non esclusiva. “Difatti:

  • la ricerca di una casa per sé e per la propria famiglia non può assorbire indiscriminatamente tutte le energie e risorse personali diventando una sorta di idolo;
  • non sono i muri ed il tetto di una casa a determinare di per sé la qualità ed il valore dell’abitare ma il modo d’uso che noi facciamo degli oggetti e degli spazi, le pratiche che sviluppiamo, la tensione abitativa che generiamo, il senso che diamo all’abitare con le nostre scelte e le nostre azioni;
  • la casa è sempre carica di una grande simbologia: riparo e protezione; ambito delle relazioni tra generazioni, dell’accoglienza e della condivisione; spazio dove si educa e da cui si parte per costruire il futuro ed il nuovo; luogo che permette ad ogni essere umano di liberare la propria energia istituendolo responsabile nei confronti dell’altro e della diversità”. (Tratto da “Dispense per la formazione 2013” don Gianni Chiesa)

Valutando con attenzione tutti questi aspetti, forse non è dovuta al caso l’affermazione di Gesù: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20), proclamata per dare senso e forza al testo del giudizio finale dove il Figlio dell’uomo si identifica con coloro che sono senza casa. Egli fa sue, assumendole su di sé, tutte le difficoltà e le condizioni che questa situazione comporta:

“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25,34-35).

Partendo da queste considerazioni e dalla consapevolezza di come la crisi economica e ponga alcune famiglie nella condizione di esclusione abitativa, la Caritas Diocesana ha generato risposte diversificate al bisogno abitativo:  sostegno attraverso il pagamento delle utenze e delle spese condominiali; erogazione di contributi economici per alleviare le situazioni di morosità incolpevole nel pagamento degli affitti, secondo criteri e logiche di welfare partecipato e comunitario; messa a disposizione di alloggi temporanei per dare casa a quelle famiglie che si sono trovate per strada.

Qualora anche tu volessi aiutare chi non ha casa o rischia di perderla, puoi farlo in forme diverse:

- sostenere il “Fondo Famiglia-Casa” della Diocesi;

- offrire il tuo tempo per seguire le situazioni di famiglie in difficoltà;

- offrire la tua casa per ospitare un minore;

- accordarsi con un gruppo di famiglie per affittare un appartamento e offrire casa ad una famiglia in difficoltà.

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